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Parlando di come pianificare ed organizzare i pasti e il menù della settimana abbiamo accennato all’esigenza di scegliere cibi sulla base non solo del gusto ma anche dei macronutrienti contenuti. Ma cosa sono esattamente carboidrati, proteine e grassi?
Per rispondere a questa domanda riporto qui gli appunti presi durante il corso sulla nutrizione, erogato dalla Stanford University e a disposizione di tutti sulla piattaforma Coursera. Ti consiglio caldamente di seguirlo, ma se non hai dimestichezza con l’inglese continua a leggere per trovare un agile riassunto.
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Cosa sono carboidrati, proteine e grassi?
Carboidrati
I carboidrati sono combinazioni di unità di zucchero in forma semplice o complessa.
Durante la digestione i carboidrati vengono divisi e convertiti in glucosio, che può essere metabolizzato dal corpo per produrre energia. Se la domanda di energia è bassa il glucosio viene però immagazzinato come tessuto adiposo.
Indice glicemico
Parlando di carboidrati è essenziale introdurre un indice fondamentale, quello glicemico. L’indice glicemico di un cibo è la misura della velocità alla quale il glucosio viene rilasciato nel sangue dopo la digestione. Il riso integrale o la quinoa hanno un rilascio più lento e quindi generano una risposta più moderata dell’insulina.
Cibi ad alto tasso di carboidrati raffinati, come il pane bianco o le bibite portano invece ad un rilascio di glucosio nel sangue più rapido. In risposta, il corpo rilascerà un vasto ammontare di insulina, l’ormone che abbassa lo zucchero nel sangue.
Picchi di glucosio e insulina rendono il livello di zuccheri nel sangue instabile, il che non è un bene. Ne deriva che mangiare cibi raffinati, specialmente carboidrati processati, porta ad un rapido ritorno della sensazione di fame e a mangiare troppo.
E’ da tenere a mente che l’indice glicemico di un cibo è più basso quando contiene fibre o quando è assunto in combinazione a proteine o grassi.
Gli zuccheri aggiunti
Per avere un quadro completo è necessario soffermarsi più nel dettaglio sugli zuccheri aggiunti, cioè quelli zuccheri come quello semolato o di canna che vengono aggiunti ai cibi in fase di trattamento o preparazione. Sono quindi esclusi quelli contenuti naturalmente nella frutta e nella verdura.
Dagli anni ’60 il consumo di zucchero è aumentato a dismisura e alcuni esperti stimano che oggi solo 1/6 dello zucchero che mangiamo è realmente contenuto in dessert o cibi che classifichiamo come dolci.
La maggior pare dello zucchero arriva invece da alimenti processati e bevande dolcificate. Lo zucchero si presenta infatti con un’enorme varietà di pseudonimi ed è aggiunto a una vasta quantità di cibi che normalmente non pensiamo lo contengano.
Perché un regime alimentare possa definirsi salutare lo zucchero dovrebbe apportare meno del 5% del totale delle calorie assunte.
Questa raccomandazione riguarda gli zuccheri aggiunti nelle manifatture o quelli presenti in miele, sciroppi, succhi di frutta, mentre non sono compresi quelli contenuti in frutta e verdura o nel latte.
Per fare un esempio, consideriamo un adulto medio che assume 2000 calorie al giorno; solo 100 di queste deriveranno da zuccheri aggiunti.
100 calorie equivalgono a 25 grammi di zucchero.
Poiché ogni cucchiaino di zucchero pesa 4 grammi ne deriverà che nel corso della giornata verranno utilizzati solo 6 cucchiaini.
A margine degli appunti del corso sulla nutrizione, ho trovato molto interessante l’esperimento svolto da Damon Gameau, che ha portato alla realizzazione di un documentario estremamente ben fatto e mai noioso: That Sugar!
Vi consiglio di guardare il trailer per avere un’anteprima e scoprire di cosa si tratta prima di correre a guardare il documentario completo! Per chi volesse, vi segnalo che esiste anche un libro.
Proteine
Le proteine possono essere animali o vegetali. Durante la digestione entrambe vengono scomposte nelle loro componenti elementari: gli amminoacidi, elementi che svolgono un vasto ventaglio di funzioni, tra cui quella di supportare il sistema immunitario e di riparare i tessuti.
Per soddisfare tutti questi compiti sono necessari 20 differenti tipi di amminoacidi, ma solo 9 di questi sono essenziali e vanno necessariamente assunti con il cibo.
Anche gli amminoacidi possono essere scomposti al fine di produrre energia e, se consumati in eccesso, contribuiscono all’immagazzinamento del grasso corporeo.
I cibi ricchi di proteine possono variare molto quanto a qualità ed implicazioni per la salute a lungo termine e per questo è importante prestare attenzione alla fase di selezione.
In generale, fonti animali come pesce e uova forniscono tutti gli amminoacidi essenziali in concentrazione abbastanza alta da essersi guadagnati il nome di fonti complete di proteine.
Di contro, fonti vegetali come i fagioli, le lenticchie, le noci e il tofu tendono ad essere fonti incomplete. Le fonti vegetali possono però essere combinate con altri cibi per fornire un profilo completo di amminoacidi: piatti come mais e fagioli neri e riso e lenticchie sono basati proprio sul principio di combinazione delle proteine complementari.
Bisogna inoltre sottolineare come pasti che contengono fonti vegetali di proteine hanno più fibre e meno grassi, soprattutto saturi. Anche se i grassi saturi possono essere meno pericolosi di quanto si pensasse possono ancora contribuire ad aumentare il livello di colesterolo, quindi è meglio moderare il consumo di carne rossa. In particolare, bisogna fare attenzione alla carne processata perché ricca di nitrati che possono danneggiare i vasi sanguigni e contribuiscono a irrigidire le arterie.
In più, le carni processate tendono ad avere molto sodio, il che può alzare la pressione.
Grassi
Analogamente a quanto accade con i carboidrati e le proteine, anche i grassi assunti con la dieta possono essere divisi in componenti più piccole usate per la produzione di energia o possono essere immagazzinati come tessuto adiposo.
I grassi si possono dividere in due categorie: saturi e insaturi. Per capire la differenza dobbiamo rispolverare un po’ di chimica.
I grassi saturi si chiamano in questo modo perché la lunga catena carboniosa che li compone è satura di atomi di idrogeno; questo significa che possono legarsi in modo denso, infatti tendono a essere solidi a temperatura ambiente. Ne sono esempi il lardo e il burro.
Gli acidi grassi non saturi sono invece, lo dice la parola stessa, meno saturi di idrogeno e hanno per lo più forma liquida a temperatura ambiente.
Gli Omega3 sono un caso speciale di acidi grassi non saturi: sono presenti in alta concentrazione nell’olio di pesce e in qualche misura nella frutta secca come noci e nocciole, nei semi piatti e in altri oli vegetali. Sono l’unico tipo di acido grasso che il corpo umano non può produrre, quindi è essenziale per la nostra salute assumerlo mangiando.
Grassi non saturi possono essere naturali, ad esempio quelli dell’olio d’oliva, delle nocciole e dell’avocado, o essere creati dall’uomo o manipolati chimicamente per diventare non saturi come nel caso della margarina e di quegli oli appositamente studiati per essere scaldati e raffreddati nelle friggitrici. Il problema dei grassi non saturi creati chimicamente è che il legame tra gli atomi di carbonio è meno stabile, così le molecole prendono una forma diversa e si parla in questo caso di grassi trans o grassi idrogenati. Sono problematici per la salute perché aumentano il colesterolo cattivo (LDL) nel sangue e diminuiscono l’ammontare di colesterolo buono (HDL), promuovendo così la formazione di placche nelle arterie e aumentando il rischio di problemi cardiaci.
Dal canto loto, i grassi saturi aumentano l’LDL, non diminuiscono l’HDL e non contribuiscono alla formazione di placche tanto quanto i grassi trans.
Il consiglio finale è di mangiare un ammontare responsabile di cibi che contengono grassi non saturi, di limitare i cibi con acidi saturi (ad esempio la carne rossa), e di evitare cibi con grassi idrogenati (ad esempio quelli reperibili nei fast food).
Cibi processati
Il principale problema della nostra dieta è che molto del cibo che mangiamo è raffinato o processato. Questo elimina nutrienti importanti quali le fibre, il ferro e la vitamina B.
Le ragioni che spingono a sottoporre il cibo a questo genere di lavorazione sono due: dare al prodotto finito una texture morbida e aumentare il tempo di conservazione; basti pensare che la muffa, ad esempio, è meno attratta dai cibi poveri di nutrienti.
Detto in altre parole, i nutrienti di un alimento sono strettamente collegati alla sua durata: pochi nutrienti significa lento deterioramento.
Bisogna inoltre tenere a mente che un pasto cucinato da un’industria è molto diverso dallo stesso pasto preparato a casa: l’industria tende infatti a essere meno salutare, usando troppo sale, grassi e zuccheri e gli ingredienti più economici.
Le calorie non sono tutte uguali!
Un altro concetto importante è quello di densità di nutrienti, ovvero della quantità di nutrienti apportata da un cibo in relazione alle calorie. Per calcolarla possiamo utilizzare la formula qui sotto:
Densità di nutrienti = valore nutrizionale (incluse vitamine, minerali e fibre) / contenuto energetico
Cibi con molte calorie e pochi nutrienti, come ad esempio le bibite, hanno una densità di nutrienti bassa e sono chiamati cibi energeticamente densi.
Dall’altro lato, gli spinaci freschi sono un buon esempio di cibo ad alta densità di nutrienti perché il loro valore nutrizionale è alto se paragonato al contenuto calorico.
Questo ci aiuta a capire perché le calorie non sono tutte uguali e perché la loro quantità non sia un buon metodo per valutare se un cibo è salutare o meno: quello che conta davvero è la quantità e la qualità dei nutrienti apportati.
Se vuoi, con il pulsante sottostate puoi scaricare il meal planner che ho creato per me. Ti invito inoltre a leggere i miei consigli su come pianificare pasti sani ed equilibrati senza rinunciare al gusto.
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